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Legalizzazione della cannabis, perché farlo e a che punto siamo?

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Legalizzazione della cannabis, perché farlo e a che punto siamo? Il dibattito va avanti da anni e negli Stati Uniti i proibizionisti stanno perdendo la battaglia. Ma presto le cose potrebbero cambiare anche da noi Il proibizionismo, nella lotta alla droga, ha fallito. Lo dicono i numeri, gli scienziati e gli addetti ai lavori (non tutti, a onor del vero). Ed è su questo punto, condiviso anche da buona parte di coloro che ritengono la Cannabis non innocua per la salute, che si fonda la campagna per la sua legalizzazione. Che, attenzione, è cosa ben diversa dal far-west sbandierato come la peste nera dai proibizionisti. Perché legalizzare significa separare le droghe leggere da quelle pesanti (che rimangono vietate), permettendo l’accesso alle prime solo a un’utenza adulta (maggiorenne), consapevole e informata; significa portare alla luce quello che – in ogni caso – avviene al buio, educare (e quindi prevenire), e piantare dei paletti per recintare l’area in cui si opera, stabilendo regole chiare e severe. Si può essere d’accordo o meno, si possono (devono) avere pareri differenti su come, eventualmente, concretizzare questo passaggio. Ma certamente, quello che non si può più fare è sminuire il problema o, peggio ancora, pensare che non riguardi tutti noi, che sia una faccenda da “tossici” perciò «che se la vedano loro, lo Stato ha cose più importanti da fare che perdere tempo per distribuire le canne gratis». Questa è una visione miope perché parliamo di un argomento di grandissima attualità che rischia, se non lo si affronta adeguatamente e prontamente, di scoppiarci in mano. Lo dimostra l’acceso dibattito che impazza in tutto il mondo, anche negli insospettabili salotti conservatori (come quello del New York Times) e il recente cambio di rotta di alcuni Stati americani convertiti al “free joint”. Per motivi ideologici, ma anche economici. Come il Colorado, lo Stato di Washington, L’Alaska (e presto l’Oregon), dove «la vendita legale di marijuana per scopi ludici (per quelli terapeutici era già possibile), «non ha solo creato una rivoluzione economica che ha portato oltre 800 milioni di dollari di nuovi introiti fiscali, ma ha anche iniziato a trasformare il tessuto criminale», spiega Roberto Saviano, perché ha lasciato a becco asciutto i cartelli dei narcotrafficanti messicani. Non solo, grazie alle entrate extra previste per l’acquisto di marijuana, il Colorado restituirà ai cittadini parte delle tasse pagate (una legge impone allo Stato di ridistribuire il denaro ai contribuenti se si supera la quota limite sui soldi che può ricevere dalle tasse). Solo vantaggi economici, quindi? Niente affatto, sottrarre ai narcos il mercato della marijuana significa anche esercitare un fondamentale controllo sulla materia prima utilizzata, riportandola poi in etichetta. Il risultato sarebbe una cannabispiù cara di quella offerta dal pusher in strada, ma anche priva di quelle schifezze che vengono aggiunte come additivi o “materiale di taglio” (ammoniaca, fibra di vetro, lana di roccia, ecc). Effetti collaterali per la popolazione? Al momento non è stato registrato un aumento degli incidenti stradali o dei crimini legati al consumo della marijuana “libera”. Anche perché le leggi (da loro) esistono e sono severe: possono acquistarla (circa 28 grammi max) solo i maggiorenni (21 anni) ed è rigorosamente vietato consumarla in pubblico (come l’alcol). Se ti beccano alla guida “sconvolto” ti ritirano la patente per un anno e se sei recidivo ti sbattono in galera. Linee guida che dovrebbero essere adottate anche dall’Italia. La Svizzera, dove già dal lontano 1986 esistono locali speciali per i tossicodipendenti, sta invece studiando il progetto pilota dei “Cannabis social club” (nome orrendo) – che indica locali dove i maggiorenni possono coltivare e consumare canapa in un ambiente controllato – per fare esperienza e raccogliere dati utili a elaborare una nuova politica nei confronti della marijuana, considerando che circa il 15,4% dei cittadini svizzeri tra i 15 e i 34 anni ha consumato canapa nell’ultimo anno. Che piaccia o meno, infatti, la marijuana è la droga illegale più diffusa al mondo consumata, secondo le stime Onu 2012, da 180 milioni persone (nel 1998 erano 140 milioni), soprattutto giovani. E l’Europa è uno dei suoi mercati principali, con importazioni dal Marocco, Afghanistan, Messico, Albania… anche se la produzione autoctona – soprattutto al Sud dove il clima è ideale – sta crescendo in maniera vertiginosa (nel 2013 sono stati 4,1 i milioni di piante sequestrate in Italia). Numeri pazzeschi che finora abbiamo fatto finta di non vedere, ma che non possiamo continuare a ignorare. Non ci interessa che lo Stato guadagni 8 milioni di euro (secondo una stima fatta dai Radicali come conseguenza della legalizzazione), non vogliamo arricchirci sulla salute dei nostri ragazzi, rispondono i “proibizionisti”. E siamo d’accordissimo, ma non è questo il punto. Il punto è che il rigore ha fallito; nonostante i divieti e il pericolo, anzi, forse attratti dal gusto del proibito, i ragazzi, continuano a fumare. E fumano schifezze, che vanno a cercare dagli spacciatori in posti lerci, entrando in contatto con delinquenti e diventando complici della squallida catena di spaccio, prostituzione, usura, sfruttamento, violenza che ci sta dietro. E allora smettiamola di fumare! Magari, sarebbe la soluzione ideale, la cannabis – come tutte le sostanze psicotiche – non è affatto innocua e, se consumata abitualmente, ha degli effetti gravi (anche se non letali) soprattutto sugli adolescenti: può incidere sulle prestazioni cognitive e avere conseguenze nocive sulle persone psicologicamente instabili e sui giovani, il cui cervello è ancora in fase di sviluppo; può provocare dipendenza, depressione e anche essere la porta d’ingresso verso droghe più pesanti. Lo sanno tutti, come tutti sanno che essendo illegale si rischia la galera (la legge Fini–Giovanardi equiparava droghe pesanti e leggere, prevedendo pene fino a 20 anni di reclusione per il loro uso). Eppure si continua a fumare erba, come si continua a bere, nonostante il tasso di mortalità dell’alcol rispetto alla marijuana sia 114 volte superiore, o a fumare sigarette, sebbene il nesso tra tabacco e tumore al polmone sia ampiamente dimostrato. Incoscienti? Sicuro, ma delinquenti no. Perché, allora chi fuma una canna deve essere trattato come tale?...

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